Un rumeno e una moldava vivono sotto un ponte in Italia da quasi due anni
“Questo tunnel è la nostra casa!”. Queste non sono solo parole, ma una dolorosa realtà per Svetlana e Gheorghe, una moldava e un rumeno, finiti a vivere sotto un ponte ad Arezzo, in Toscana
Vivono lì da quasi due anni, lontane dal comfort e dalla sicurezza di una vera casa.

Gheorghe e Svetlana
Il mondo sopra di loro è in costante movimento: cestini della spesa pieni, gente che va e viene dal supermercato, giardini paesaggistici e belle case.
Sotto quel ponte, però, la realtà è diversa. Uno spazio ristretto, delimitato dai muri di cemento e dalle fredde pietre del torrente Castro, che, seppur ormai asciutto, riprende il suo corso ogni inverno.
Gheorghe, 46 anni, arrivato in Italia dalla Romania, si guadagna da vivere lavorando nella foresta.
Descrive l’umile spazio in cui vive come “la sua casa” da quando è venuto a vivere lì dopo essere stato sfrattato da un appartamento per il quale non poteva più permettersi di pagare l’affitto.
Svetlana, 41 anni, è arrivata dalla Moldova e fino a poco tempo fa aveva un lavoro stabile come domestica in Italia.
Ha perso il lavoro dopo la morte dell’anziana di cui si prendeva cura. Fino a quando non ha perso il lavoro, ha sostenuto con il suo stipendio i suoi due figli rimasti in Moldova.
Entrambi condividono questo spazio con ordine e dignità: qualche sacchetto di plastica, un rudimentale ripiano usato come credenza, un letto di fortuna su cui riposa Svetlana, e un filo per il bucato teso tra i bordi della soffitta.
Per quanto piccolo e improvvisato, questo spazio è diventato un luogo dove sentirsi al sicuro e, in un certo senso, “a casa”.
Nonostante le condizioni difficili, i due cercano di mantenere il loro ottimismo. “D’estate va bene, ma d’inverno è più complicato”, ha confessato Gheorghe, cercando di minimizzare le difficoltà che incontra.
Entrambi vogliono una “vera casa”, ma finora hanno rifiutato l’aiuto delle autorità locali perché hanno ricevuto solo offerte temporanee e vogliono una soluzione a lungo termine.
L’unica soluzione, in questo caso, sarebbe ricevere alloggi sociali dal Comune di Arezzo, ma nessuno di loro è residente con documenti validi in Italia, quindi neanche questo aiuto è possibile.
Lucia Tanti, vicesindaco della città di Arezzo, ha spiegato alla stampa italiana che le istituzioni hanno offerto diverse soluzioni per i due, ma senza una risposta positiva:
“È una situazione che conosciamo da un anno e mezzo. Hanno rifiutato tutte le sistemazioni offerte. Eravamo disposti anche a pagare un albergo, ma lui dice che accetterà solo una soluzione definitiva.”
“Un processo di integrazione deve essere accettato e rispettato dalle persone coinvolte”, ha sottolineato Tanti.
Purtroppo il tempo passa e i due si ritrovano a un bivio: accettare l’aiuto e provare a ricostruire la propria vita oppure continuare a vivere in condizioni così precarie.
Per quanto inspiegabile sia la loro decisione di accettare l’aiuto delle autorità locali (o, come alcuni sicuramente commenteranno, di tornare in uno dei propri paesi di origine) è altrettanto ovvio che la vita all’estero non è ciò che molti immaginano che sia.