La madre della piccola vittima ha cercato di difendere l’aggressore
Un ragazzo di Padova ha subito una serie di brutali abusi fisici da parte del compagno della madre, un uomo di 39 anni originario della Repubblica Moldova, identificato con le iniziali G.C.
Secondo quanto riferito, il bambino è stato picchiato, tra l’altro, con una cintura, con un filo elettrico e ha ricevuto colpi in varie parti del corpo, comprese le zone intime.
La verità è venuta fuori quando gli insegnanti del ragazzo si sono accorti del suo comportamento insolito.
Un giorno il bambino non voleva sedersi a causa del forte dolore provocato dai lividi.
All’inizio di ottobre, un insegnante ha provato ad abbracciarlo, ma il ragazzo ha rifiutato il contatto fisico a causa del dolore che provava.
Notando questi segnali, gli insegnanti hanno deciso di chiamare un’ambulanza. Il ragazzo ha confessato sia agli insegnanti che ai medici che l’aggressore era il suo patrigno.
L’ultimo episodio è avvenuto la scorsa settimana, quando il ragazzo è stato nuovamente maltrattato e ha richiesto il ricovero all’ospedale di Piove di Sacco, per poi essere trasferito al reparto pediatrico di Padova.
Secondo i medici, il tempo di recupero è stimato in 20 giorni, ma ci sono preoccupazioni per possibili complicazioni psicologiche.
Nel corso delle indagini i carabinieri hanno interrogato insegnanti e medici, concludendo che il ragazzo aveva effettivamente subito abusi fisici.
La madre del ragazzo, anche lei cittadina moldava, ha cercato di difendere il compagno, sostenendo che il figlio si era ferito cadendo dalla bicicletta.
Tuttavia, non è riuscita a spiegare i lividi che indicavano chiaramente un colpo di frusta sul corpo del bambino. Si ipotizza che la donna possa aver mentito per paura di essere maltrattata dal compagno.
Il pubblico ministero Sergio Dini, incaricato delle indagini, ha iscritto l’uomo nel registro degli indagati per abusi domestici e lesioni personali gravi.
Nonostante la Procura ne abbia chiesto l’arresto, il giudice Claudio Marassi si è limitato a emettere un’ordinanza restrittiva che impedisce all’uomo di avvicinarsi alla vittima e all’abitazione della famiglia.